Nel 1995 John Kotter, autore insieme a Holger Rathgeber di Il nostro iceberg si sta sciogliendo, ha pubblicato l’articolo Leading change.
Rileggendolo dopo cena un paio di mesi fa mi è parso, ma nel frattempo in televisione i miei figli riguardavano il primo Kung Fu Panda e quindi ogni tanto mi distraevo, che i punti di contatto con il Coaching fossero tanti. Mi piacerebbe quindi provare a trasferire gli elementi centrali di quell’articolo su quella che è la relazione e il lavoro tra Coach e Coachee e vedere cosa ne esce. Tra le virgolette le frasi così come sono scritte in Kotter J., Guidare il cambiamento, Harvard Business Review Italia, Il Sole 24 ore, ISBN 9771826608701.
L’articolo parla di 8 errori da non fare mentre qui preferisco parlare di cose che sarebbe opportuno fare.
Spesso il cambiamento che chiediamo a noi stessi dovrebbe essere funzionale al fronteggiamento di situazioni nuove o desiderate.
Abbiamo spesso fretta di arrivare dove desideriamo senza renderci conto che nella maggior parte dei casi non è la fretta a favorire il raggiungimento dei risultati quanto il comprendere che ogni nuovo obiettivo richiede il tempo che gli è – e soprattutto che ci è – necessario.
Evitare di fare certi passi, sottostimare certi passaggi potrebbe essere foriero di risultati poco soddisfacenti.
In più deve essere data attenzione alla preparazione e si deve avere occhio per gli errori possibili: “…commettere errori critici in una qualsiasi fase può avere un impatto devastante”.
Stabilire un adeguato senso di urgenza
uno dei modi principali per cui un cambiamento passa dalla sfera del desiderato e immaginato all’avvenire nella realtà è che chi lo percepisce lo desideri in maniera forte e che si sviluppi un senso di necessità verso quel cambiamento.
Succede spesso che sia difficile lasciare un luogo non ritenuto più “sicuro”, ma che conosciamo, per un nuovo posto desiderato e tutto da scoprire e si possono verificare numerosi errori. I due principali sono:
- Avere poca pazienza e voler agire dopo aver dato poco spazio al progetto.
- Trovare ogni scusa per non partire mai anche avendo una visione dettagliatissima del progetto
Creare un diffuso senso di urgenza è necessario quindi, ma cosa significa diffuso senso di urgenza? Significa fare in modo che ci sia da parte del soggetto la visione di come il cambiamento possa andare a coinvolgere più aspetti della vita della persona: lavoro, affetti, salute. A questo sarebbe opportuno aggiungere l’idea di quali sono le cose non più necessarie (o dannose o altro) che ci lasciamo alle spalle.
Creare un insieme di persone che possano sostenerci con forza
Individuare quelle che sono le persone che potrebbero aiutarti, e in che modo, nel raggiungere quel cambiamento desiderato. Nonostante tutto parta da quello che Yeats chiamerebbe “un istinto solitario” come esseri sociali c’è necessità di condivisione e sostegno da quelli che fanno parte della nostra rete sociale primaria e anche da quelli che ne stanno fuori ma riteniamo funzionali al nostro progetto. Tutti questi daranno sostegno e accompagneranno nel nostro percorso.
Creare una visione chiara
Fare in modo che il coachee abbia una visione pratica di quello che intende fare per giungere al cambiamento. Fategli fornire esempi, disegnare pezzi di quel futuro desiderato o quant’altro riteniate e individuate come utile allo scopo. Questa deve essere chiara e facile da comunicare senza per questo diventare semplicistica. Deve essere tenuta sempre a mente in modo tale da fornire l’orizzonte. La visione chiara può aiutare a sviluppare anche una strategia adeguata che altrimenti rischia di perdersi in una serie confusa di azioni senza direzione. Allo stesso modo la visione deve andare verso l’azione con un’adeguata celerità senza perdersi nell’eccesso di dettaglio che rischierebbe di frenare qualunque processo di cambiamento. Chiedetevi se siete capaci di comunicare la vostra idea in circa cinque minuti e quando lo fate ottenete segnali di assenzo, se non succede cercate di adeguare la strategia comunicativa verso gli altri e verso voi stessi.
Comunicare molto e bene la visione
Oltre che essere chiara per il Coachee deve essere facilmente comunicabile alle persone che riteniamo importanti per noi e utili per i nostri obiettivi. Dovrà avere un carattere “speciale” ed essere riconoscibile tra tutte le altre cose che quotidianamente diciamo a noi stessi e agli altri. Kotter identifica tre schemi i comunicazione (tra parentesi cosa potrebbero diventare nel coaching):
- Visione abbastanza buona ma poca comunicazione (Ripetere frequentemente quale è l’obiettivo da raggiungere)
- Molto tempo dedicato alla comunicazione senza essere capaci di farne cogliere il messaggio (Rendere la comunicazione dei nostri obiettivi comprensibile in primo luogo a se stessi e poi, se serve, agli altri)
- Molta comunicazione ma alcuni dirigenti si comportano in maniera antitetica (Dare seguito con le azioni al nostro progetto applicando i cambiamenti che (ci) diciamo voler raggiungere)
L’obiettivo è “imparare ad essere ciò che dicono”.
Rimuovere gli ostacoli che pensiamo ci tengano lontani dal cambiamento
Si deve individuare quanto ci allontana dal cambiamento e cercare di rimuoverlo ma anche dare forza a quanto invece ci spinge nella destinazione desiderata.
Spesso gli ostacoli si trovano nella testa delle persone ed è molto difficile convincerle di questo mentre in altri casi capita che, seppur la testa dice di volere qualcosa, le azioni reali intraprese non siano corrispondenti a quel desiderio.
Difficilmente all’inizio, quando ancora molte cose sono da definire e perfezionare, ci saranno energie e forza per affrontare gli ostacoli ma comunque andrà fatto.
Creare e pianificare piccoli successi nell’immediato
Individuare dei sotto-obiettivi funzionali a quel cambiamento e che diano ricadute immediate in fatto di soddisfazione personale, comunicabilità all’esterno.
“Una vera trasformazione richiede tempo. Ma uno sforzo di rinnovamento rischia di perdere lo slancio se non ci sono obiettivi a breve termine da raggiungere e celebrare…” così dice Kotter. Come per i manager anche nell’agire quotidiano c’è differenza tra quello che va fatto ovvero creare e quello che troppo spesso viene fatto ovvero sperare: nel primo caso c’è un atteggiamento attivo mentre nel secondo l’attesa di qualcosa che arriverà da non si sa dove.
E sempre Kotter “…l’impegno nel produrre vittorie a breve termine mantiene alti i livelli di urgenza e impone un pensiero analitico particolareggiato che può chiarire o correggere le visioni…”
Mantenere il focus anche quando l’obiettivo sembra raggiunto
Non lasciarsi scoraggiare e mantenere costantemente il focus su quanto si vuole raggiungere ricordando che c’è necessità di sostenerlo nel tempo. Fare un’analisi di quello che funziona e di quello che c’è da migliorare. Il rischio spesso è che vittorie momentanee o deboli segnali di cambiamento diano l’illusione del raggiungimento degli obiettivi. I cambiamenti devono essere ben radicati prima di poter celebrare la vittoria definitiva.
Mettere alla prova tali cambiamenti e capire quanto sono profondi vuol dire darsi nuovi obiettivi da raggiungere
Fare attecchire il cambiamento
Una volta raggiunto ciascun cambiamento deve essere mantenuto per tutto il tempo che ci serve e fin quando non si sente che quel cambiamento è stabilmente nostro.
Kotter identifica due comportamenti da tenere che qui altero in funzione del coaching:
- Mostrare, e mostrarsi, come il cambiamento ha aiutato a migliorare il proprio status
- Dedicare tempo a osservare come quel cambiamento agisce nelle azioni successive
L’articolo si conclude con una captatio benevolenziae su come possa apparire semplicistico un breve articolo e con l’avvertimento che “anche i cambiamenti di successo sono confusi e pieni di sorprese” e che servono visioni semplici per guidare le persone lungo un processo. Allo stesso modo un cambiamento richiede una visione del processo e che questo può significare meno errori e quindi maggiori possibilità di successo.