…la vita consiste in proposizioni sulla vita…
Stevens Wallace
Gertrude Stein, nel suo First Reader1, racconta di come Johnny misurò Jimmy e di come Jimmy misurò Johnny fino al momento in cui i due personaggi divennero irrilevanti e rimase soltanto l’atto del misurare.
In alcune fasi del cubismo c’è l’annullamento dell’unico punto di vista, della singola prospettiva che era alla base della pittura a partire dal Rinascimento. In questo modo si ruota attorno all’oggetto osservato e quel misurare diventa simbolo della fissità del tempo e delle cose tutte in contrapposizione con la storia, con le storie.
L’atto quantitativo assume, secondo quanto detto sopra, una posizione ambigua, non negativa ma da ridimensionare.
Jimmy e Johnny si riconoscono nell’applicazione tecnica del misurarsi ma in questo modo toccano la concretezza dei loro corpi assistendo, non importa se in maniera cosciente o meno, alla fuga dell’essenza, alla perdita di significato e di valore rispetto al contesto e a loro stessi.
Si vengono a creare praticamente le condizioni per cui agli ebrei la Bibbia vieta di contarsi in quanto “…contare gli uomini distruggerebbe la loro soggettività, li omogeneizzerebbe, riducendoli all’astrattezza del numero, disconoscendo la loro singolarità e la loro concretezza…”2.
Macchine che apprendono
Ancora: Norbert Wiener3 e John Von Neumann danno inizio a partire dagli anni quaranta ad un nuovo ambito di studio, la cibernetica, che implementa lo studio dei sistemi con il concetto di retroazione (feedback) dando l’impulso allo studio di apparati artificiali che “apprendono”, o meglio che reagiscono, dando avvio allo studio di quella intelligenza artificiale che assillava da secoli gli uomini, ansia che così bene viene descritta da Edgar Allan Poe nel suo Il giocatore di Scacchi di Maelzel4.
Wiener e Von Neumann utilizza algoritmi complicati e attivi restituendo un certo grado di complessità a strumenti che però, per quanto capaci di fornire risposte variabili, risultano comunque semplificazioni del reale. L’intuizione dei due scienziati è stata fondamentale e risulta ancora più interessante se pensiamo alla possibilità che questi algoritmi hanno di lavorare utilizzando routines di tempo sia discreto che continuo. Questo permette di accordare ad una macchina, sicuramente non in maniera a lei cosciente e nemmeno perfetta, il privilegio di “conoscere” lo scorrere del tempo, di attuare risposte seguendo il proprio database storico di azioni, intervenendo sul momento cercando soluzioni idonee e guardando all’obiettivo in lei programmato.
Nonostante il loro livello di “umanità”, le risposte che se ne traggono assumono comunque un carattere riduzionistico rispetto alla complessità ancora maggiore che possono prendere gli eventi e, fintanto che dobbiamo occuparci di controllo di macchinari industriali o segnali radio, possiamo anche accontentarci ma, nel momento in cui dobbiamo confrontarci con fatti più vicini al nostro “essere”, potremo trovarci davanti ad una banalizzazione, ad un processo che manca di volontà, autodeterminazione.
Rimanere sorpresi
Chomsky in un’intervista afferma: “…non è improbabile che la letteratura possa permetterci di penetrare in quella che talvolta viene chiamata “la persona umana nella sua interezza” assai più profondamente di quanto possano consentirci tutte le speculazioni scientifiche immaginabili…”5. Ma anche Teufel quando afferma che “…la verità non si trova solo in quel che viene discusso e confermato dal metodo. Anche la maniera in cui il mondo è colto nell’arte e nella letteratura tocca la verità…”6 e Bruner conferma che “…è soprattutto attraverso le nostre narrazioni che costruiamo una versione di noi stessi nel mondo, ed è attraverso la sua narrativa che una cultura fornisce ai suoi membri modelli di identità e di capacità d’azione…”7.
Sapere tecnico e umanistico fanno parte del continuo che va dalle prime tradizioni orali di trasmissione faccia a faccia del sapere comune (inteso come sapere in comune) alla solitudine del sapere collettivo attuale ampliamente distribuito nella rete.
Calvino e l’OULIPO
Lo sanno bene quelli dell’OULIPO8 (Ouvroir de Littérature Potentielle) che negli anni sessanta vede coinvolti scrittori come Calvino o Queneau nel tentativo di celebrare un’incontro tra letteratura e matematica.
È significativo rilevare che Calvino era propenso a pensare che la macchina avrebbe prodotto almeno inizialmente solo materiale di ispirazione classicistica perché tutto ciò che è caratteristico delle avanguardie moderne sarebbe stato troppo umano, ma comunque sia, avrebbe rappresentato un metodo di lavoro che avrebbe costretto a mettere in forse il valore univoco di una parola, di una pagina, di un testo.
Questo sarebbe stato tuttavia un modo di fare a cui soltanto una persona avrebbe dato senso attraverso l’interpretazione di quanto stampato dal calcolatore e non sarebbe stato il calcolatore stesso a trovarvi significato.
C’è da fare una puntualizzazione che forse esce dal tema ma che mi sembra necessaria. Macchine intelligenti – che poi basta aggiungere intelligente ad una parola e ci sembra di possedere chissà cosa, auto intelligenti, forni intelligenti, bombe intelligenti e tutta questa intelligenza è da dimostrare –, sistemi che tentano di apprendere sono, con le nostre attuali conoscenze, pur sempre idiots savants, chimere, in molti casi incubi come i “ricordanti” che spopolano nei racconti di fantascienza.
Dov’è la Chimera?
Nel nostro cercare una prevalenza tra quantitativo e qualitativo siamo come il Bellerofonte, rivelato da Ippòloco e Sarpedonte nel racconto di Pavese, che ripensa all’uccisione della sua Chimera e a come, dopo quella avventura, quella vita che pulsava nelle vene, il sogno raggiunto si fosse trasformato nell’ordinario, nella piattezza, della vita presente del tutto conosciuto, della mancanza di sorprese, “…dov’è un’altra Chimera? […] lui sa cos’è un giovane e un vecchio. Ha veduto altri giorni. Ha veduto gli dei…”9.
1 Stein G., The Gertrude Stein First Reader & Three Plays, Haskell House Pub Ltd, New York, 1980
2 Gori R., La preuve par la parole, PUF, Parigi, 1996 cit. in Fabbri D., Narrare il conoscere. Appunti di una epistemologia della formazione in Kaneklin C., Scaratti G. (a cura di), Formazione e narrazione, Raffaello Cortina, Milano, 1998
3 Wiener N., Introduzione alla cibernetica, Bollati Boringhieri, Torino, 1970
4 Poe E.A., Il giocatore di scacchi di Maelzel, Theoria, Roma/Napoli, 1985
5 Chomsky N., Linguaggio e libertà, Marco Troppa Editore, Milano, 1998
6 Teufel E., Discorso celebrativo in Di Cesare D. (a cura), L’essere, che può essere compreso, è linguaggio, Il Melangolo, Genova, 2001
7 Bruner J.S., La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1997
8 Campagnoli R., Hersant Y. (a cura di), OULIPO. La letteratura potenziale, CLUEB, Bologna, 1991
9 Pavese C., Dialoghi con Leucò, Einaudi, Torino, 1991