“La rivoluzione digitale governa ormai la nostra vita. Ci chiediamo, tra speranze e nevrosi, se il web ci renda liberi o ci opprima, ci arricchisca o renda miserabili. Con la fine del Novecento si è chiuso il secolo delle Masse e si è inaugurato il XXI, quello delle Persone, gli Individui. Ma a decidere le sorti della rivoluzione saranno i nuovi contenuti che sapremo creare, senza lasciarci ipnotizzare dalla potenza della tecnologia”
Riotta G., Il web ci rende liberi? Politica e vita quotidiana nel mondo digitale, Einaudi, Torino, 2013
Nel seminario su Facebook non verrà detto che è indispensabile utilizzarlo nella didattica, che la scuola senza esso è destinata al fallimento. Non si tratta di volerlo utilizzare per sembrare “tecnologici” e moderni né per voler far sembrare il suo utilizzo indice di alfabetizzazione informatica.
Sarebbe un gioco sciocco e poco produttivo, fine a se stesso in quanto senza una giusta mediazione con alcuni degli aspetti propri della scuola ed un cambio di prospettiva all’interno dell’agire educativo avremmo uno strumento votato al fallimento, generatore di incertezza sia nei docenti che negli alunni.
E nemmeno diremo che dobbiamo usarlo per apparire ciò che non siamo o per spingerci in attività voyeuristica alla scoperta delle vite degli altri, né per esporci se non lo vogliamo.
Non diremo che è lo strumento più appropriato per fare didattica in quanto non possiede applicazioni adeguate e richiede che tutti abbiano un account.
Cosa diremo
Diremo però tre cosa principalmente:
- conoscerlo è fondamentale come apprendere nuove cose o avvicinarsi al linguaggio di chi vogliamo incontrare;
- che può essere utilizzato e che può favorire modalità di costruzione della conoscenza condivisa e delle competenze;
- che l’appropriarsi di quello spazio potrebbe essere importante per ridefinire, almeno parzialmente, quegli spazi che sono ad appannaggio quasi esclusivo di generazioni alle quali per troppi versi siamo distanti.
Con la nascita dei social network internet è radicalmente cambiata spostando il suo fulcro da soggetti competenti di informatica, predisposti a creare contenuti, all’utente creatore egli stesso di nuovi contenuti e mediatore di cose già creato da altri.
Agli inizi, nel web statico dell’html, questo non era possibile o quantomeno lo era soltanto in maniera marginale. Le comunicazioni avvenivano in un unico senso e noi ricevevamo soltanto mentre adesso le persone possono interagire, commentare, connettersi e scambiarsi informazioni.
Nel mondo circa la metà della popolazione utilizza Facebook e questo ha immesso in rete quantità impressionanti di informazioni (dati, foto, video, ecc) che tutti, compresi gli studenti e gli insegnati, possono vedere e manipolare.
Il rischio, già molto reale, è quello di ritrovarsi in un’immensa biblioteca di Babele dove tutto è contenuto, dove questo tutto ha più versioni e alcune variano di poco ma dove manca un indice.
dalle dispense del seminario sull’utilizzo di Facebook a scuola